Dice Dadamaino
“L’Espresso”, n.36, Roma, 9 settembre 1980
V. Più di vent’anni fa, anticipando molti altri, sei andata “oltre l’ Informale”. Nel ’63 alla Biennale di S. Marino, a differenza della maggioranza, non ti sei “ingruppata”. Nel ’69 alla manifestazione “Campo Urbano” unica, hai scelto il lago. Ieri, “ante litteram”, alla tecnologia hai preferito la manualità. E adesso?
D. Mi limito, ancora una volta, a delle proteste mute. E da 2 anni faccio dei segni-lettera. Con questi piccoli segni riempio tete e fogli, rigo dietro rigo, lavorando spesso 8 ore di fila. Li lascio fluire secondo l’istinto, il tempo, il ritmo vitale della mia giornata. Non è un diario ma tutte le cose, tutti gli accadimenti quotidiani. La mano ora è più leggera ora più pesante, il segno è più sottile o più nervoso.
V. Come sono nati questi segni?
D. Un giorno, spontaneamente come una cellula nella testa, mi è venuto fuori un segno verticale e uno orizzontale. L’ho chiamato “Tell al Zaatar” perché era nato proprio nei giorni di quella strage dei palestinesi. E in quel segno, ripetuto ossessivamente, sentivo concentrato tutto il mio orrore, il mio sdegno. Un anno dopo, all’improvviso, ne sono usciti altri 3 o 4. Adesso sono arrivata a 12. E dietro ciasuuno di essi sento premere tante cose. Per esempio, le censure e i molti silenzi che subiamo. Quella libertà che forse è soltanto utopia. Ci sento le speranze che il mondo andasse in un certo modo. C’è pure una riflessione su questo secolo nel quale sono successe e bruciate esperienze di ogni genere: cose giuste, cose meno giuste. C’è un po’ la storia della mia, della nostra vita. Per questo li ho chiamati “i fatti della vita”. L’ultimo lavoro è composto da 138 tele e fogli di varia misura.
V. Perché 138 e non 50 o 227?
D. Non lo so. Ad un certo punto sento che quel lavoro è finito. Di recente, ne ho fatto un altro, per una mostra in Germania, di 62 fogli. Anche su come poi li raggruppo sulla parete non so dirti gran che. Forse in quella vita più profonda e vera che cerco di esprimere la quantità, l’ordine non hanno molta importanza. Quei segni vogliono essere nuclei di verità. E un nucleo di verità vale l’altro.