Il ciclo dell’alfabeto si declina su vari supporti di carta, di diverso formato, giorno per giorno, lungo diversi anni. Diventa dunque una pratica quotidiana, un’attestazione della vita che scorre dal titolo I fatti della vita. Riflette l’artista in una intervista a Luca Massimo Barbero: “I fatti della vita sono composti da 560 fogli… sono quel numero perché arrivata ad un certo punto il lavoro si era esaurito… è un lavoro complesso con un suo spessore, un suo ritmo e eterogeneo… ci sono lavori di tutte le dimensioni fatti su piccoli pezzi di tela o carte, grandi o piccoli… sono lavori appesi, accostati come per voler dire delle cose che non si possono o potevano dire… lavoravo su tutto quello che poi potevo appendere… “. Il ciclo è alla base di una installazione ambientale creata per la sala personale alla XXXIX Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia del 1980. Scrive l’artista riguardo a questa esperienza: “… Lavoro a mano libera, con la penna, ed anche se tentassi di essere esatta, la mano disobbedirebbe alla mia volontà. A volte il tratto è più sottile, o più pesante, impercettibili tensioni fanno vibrare la penna, imprimendo segni distorti o tremolanti. A volte ancora la penna non dà inchiostro e vi sono tracce evanescenti che mai riprendo ricalcandole. Quando comincio una riga, è il primo segno che solitamente la determina: se è corto, faccio una riga di segni corti, se le dita scorrono, è di segni più lunghi. Lascio fluire la mano liberamente…”.